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opuscoli informativi sull'analgesia del nostro reparto
opuscoli informativi
tratti dal sito del Obstetric Anaesthetists' Association (OAA)
INFORMAZIONI PRATICHE
DA TENERE PRESENTE DURANTE IL PARTO
tratte dal sito del Obstetric Anaesthetists' Association
OPUSCOLO INFORMATIVO
SULL'INTERVENTO DI TAGLIO CESAREO
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- HINDI
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- TURKISH
- GUJARATI
- SOMALI
- PUNJABI
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Il nostro Opuscolo in Albanese
Spiegazioni varie per mamme straniere disponibili sul sito lingue STRANIERE
consenso informato all'anestesia in arabo
consenso informato all'anestesia in francese
consenso informato all'anestesia in polacco
consenso informato all'anestesia in russo
consenso informato all'anestesia in tedesco
consenso informato all'anestesia in inglese
“A me il vostro paese ha portato fortuna.” Maria, una signora ecuadoregna che al San Paolo di Milano ha appena dato alla luce una bimba, comincia così a raccontare la sua storia di madre in un paese diverso e lontano dal suo. “Quando mio marito si è messo a posto con i documenti, abbiamo chiesto il ricongiungimento familiare. Sei mesi dopo il mio arrivo in Italia, sono rimasta incinta… E dire che erano dieci anni che provavamo e avevamo quasi perso le speranze. I primi tempi stavo malissimo, tant'è che mio marito pensava che qualcuno mi avesse fatto il malocchio. Così me lo ha "tolto", passandomi un uovo su tutto il corpo. Ma io continuavo a stare male e allora ho provato a fare il test. È risultato positivo! Pensavo fosse sbagliato e quindi ho fatto l'esame del sangue: positivo anche quello. Mi sembrava impossibile e l’ho ripetuto. Il risultato era ancora lo stesso, ma io continuavo a non crederci. Solo con l'ecografia mi sono convinta e allora sì che ci siamo fatti un bel pianto”. Se la maternità è uno shock di per sé - sempre e ovunque - per queste donne che arrivano da altre terre e che danno alla luce i loro figli qui, nei nostri asettici ospedali bianchi, a uno shock inevitabile - dovuto all'improvviso e radicale stravolgimento fisico, biologico, psicologico, d’identità e ruolo sociale - si aggiunge quello culturale. Per loro, è come essersi preparate una vita per la gara sbagliata. Il sapere accumulato dall'infanzia guardando, ascoltando, aiutando le altre donne della famiglia, carpendo loro segreti, non serve a niente, qui. È niente, qui da noi. Eppure quel tipo di sapere femminile, tradizionale, arcaico se si vuole, è ancora una parte fondante e viva di sé, rinnegarlo significa rinnegare se stesse. Non può essere un buon inizio per una mamma.

Tradizioni di questo tipo sono a rischio anche nei paesi di origine, dove il tentativo di agguantare il progresso, avvicinandosi agli standard occidentali, porta a volte a tagliare i ponti con la cultura originaria: il primo figlio, Elisabeth l’ha avuto nell’ospedale della sua città, dove ha atteso tutta la notte da sola, perché ostetriche e infermiere dormivano e solo all’alba, quando la testa del bimbo già faceva capolino, l’hanno accompagnata in sala parto.
“Il problema fondamentale”, sostiene Ida Finzi, psicologa del Centro d’ascolto per le mamme immigrate del San Paolo di Milano, “è la competenza. Una mamma deve sentirsi competente, deve avere fiducia che i propri gesti siano significativi perché la relazione con il bambino abbia successo. Una mamma immigrata si trova a cavallo di due modelli culturali, senza trovare un sostegno reale né dall'uno né dall'altro.
Non ha il sostegno del modello d'origine perché qui è sola, non ha il sostegno del modello del paese in cui vive perché non le appartiene”. Vive come in altalena tra ciò che conosce e ciò che l'ambiente impone come l'unica cosa giusta da fare; un'altalena che nuoce alla stabilità psicofisica della madre e alla salute del bambino, come racconta Sabina Dal Verme, ostetrica del San Paolo: “Una mamma insicura trasmette insicurezza e questo predispone il bambino ad ammalarsi di più, ad avere difficoltà di crescita e di relazione. Prestare attenzione al vissuto della mamma, rafforzare le competenze che possiede, significa anche fare prevenzione”.
È per questo che i corsi di accompagnamento alla nascita per mamme arabe e sudamericane organizzati al San Paolo si chiudono con una festa di benvenuto per i bimbi e un piccolo dono: un album che inizia con le foto dei nonni o dei parenti lontani, immagini del paese d'origine, una cartina del mondo su cui è tracciato il percorso che i genitori hanno fatto per arrivare in Italia, nomi e ricordi scritti nelle due lingue e poi finalmente il parto, il braccialetto, la foto del bimbo. Un modo concreto per dire al proprio figlio che ha una storia alle spalle, che è l'ultimo anello di una lunga catena.
Al rafforzamento di queste competenze, al recupero di un sapere di cui si ignora il valore mira anche il lavoro di ricerca che Lia Chinosi sta conducendo a Venezia ormai da un paio di anni e che recentemente è confluito in un libro, Sguardi di mamme, edito da FrancoAngeli. Mamme senegalesi, sudamericane, filippine, cinesi, albanesi, rumene, tunisine si raccontano, senza timore di dire ciò che mai si direbbe al pediatra per paura di essere tacciata d'ignoranza.
Diventi mamma perché lo vuoi, perché succede, perché bisogna… Diventi mamma e cerchi di trovare un posto, una collocazione a questo evento, ma, per così dire, senza che "intralci" il percorso segnato. Se questo è forse il primo rovello delle mamme occidentali, nelle culture di cui sono portatrici queste donne la maternità è ancora un momento fondante, che incide profondamente nel vissuto di una donna e di tutto il gruppo famigliare, e come tale viene celebrato: la neo-mamma con il suo bambino sono al centro dell'attenzione, il mondo ruota loro intorno e i risvolti materiali di questa situazione non sono affatto trascurabili.
“In Egitto”, racconta Nura, madre di un bel bimbo di un anno, “per sette giorni la mamma deve stare sempre a letto e viene aiutata e nutrita dalle altre donne della famiglia. Trascorsi questo periodo, si fa la festa per il neonato e solo allora la mamma può riprendere la vita normale, ma comunque per 40 giorni deve riposare. Alle neo mamme si danno da mangiare cose speciali: latte caldo con la cannella o il cacao che aiutano a ripulire l'utero, per esempio, oppure del latte in cui hanno fatto bollire i datteri, che sono molto nutrienti e fanno venire molto latte. I datteri sono preparati anche per il bimbo: si fa una pappa speciale, densissima, che viene spalmata dentro la bocca. Ma bisogna fare attenzione e scegliere i datteri giusti, detti agua, molto maturi e molto dolci”.
Il cibo, elemento simbolicamente potente che rimanda necessariamente alla madre e dunque alla madreterra, è catalizzatore di ogni nostalgia; le "voglie" che affliggono tutte le mamme, e i rispettivi mariti, si colorano in questi casi di tinte e sapori particolari, sanno "di casa", e diventano difficilissime da soddisfare. “Quando sono arrivata a Venezia, 17 anni fa”, ricorda Dulce, una signora filippina madre di due figli, “di filippini ce ne saranno stati forse una cinquantina. Dopo un anno sono rimasta incinta e ricordo che avevo sempre voglia di mango, ma all'epoca non se ne trovavano proprio. Allora, sai cosa facevo?, mangiavo le vostre mele verdi e facevo finta che fossero mango. Sono andata avanti così fino a che mio figlio non è nato: non ho la certezza matematica, ma credo sia il terzo bambino filippino nato a Venezia”.
Come in Egitto, anche in Senegal, la neo mamma è regina. “Il mio primo figlio, Alioune, è nato in Senegal e ricordo che quando sono tornata a casa dall'ospedale di Dakar, mia zia mi faceva stare sempre a letto. Se mio figlio si svegliava nel cuore della notte, era lei che andava ad accudirlo”, racconta Aby, elegantissima signora senegalese, madre di due figli. “La mattina mi preparavano subito l'acqua calda, che da noi non c'è sempre, e mi facevano la doccia. Poi mi massaggiavano sulla pancia con il burro di karité e altre erbe. Dopo di me, toccava al bambino. Mamadou, il mio secondo figlio, invece, è nato qui e sono stata male, non riuscivo a mandare giù niente, non mangiavo: hanno dovuto farmi un'endoscopia per sapere cos'avevo. Da noi, invece, durante la gestazione ti senti leggera, non hai le contrazioni. Tante donne neanche si accorgono di essere incinte”.
Se paragonati ai bambini occidentali, i bambini senegalesi, ma anche quelli albanesi e cinesi, sono molto più precoci: imparano prima a camminare, a parlare, a controllare gli sfinteri. Per una mamma cinese o filippina è motivo di seria preoccupazione che il suo bambino, alla soglia dei due anni, non abbia ancora tolto il pannolino di notte. L'autonomia e l'indipendenza sono apparentemente valori forti anche da noi, eppure Jovitta, la mediatrice culturale filippina, mi racconta come molte madri filippine siano state frenate, nel tentativo di liberare i figli dalla schiavitù del pannolone prima dei due anni, proprio dai loro mariti italiani: “Non è mica Einstein”, avrebbe detto uno di loro. Le ragioni di questa differenza non sono certo antropologiche; la vita cerebrale nel neonato nasce dall'esperienza sensoriale: il contatto costante con il corpo della madre e l'instaurarsi di relazioni con un numero ampio e vario di persone fin dai primi giorni di vita - com'è tipico nelle famiglie allargate, dove convivono generazioni diverse - fanno la differenza. “Io anche qui facevo le faccende di casa tenendo mio figlio appoggiato sulla schiena, stretto nella fascia”, racconta Aby. “Lavoravo e cantavo o parlavo con lui. Ha camminato presto, sì, e quando ha cominciato gli andavo dietro con una scopetta, spazzolando proprio dietro di lui. Porta bene”. I "bambini circolanti", come vengono chiamati dai sociologi, sono di tutti, stanno sotto la responsabilità di un gruppo allargato di adulti, che comprende i parenti prossimi, quelli lontani, gli amici e i semplici vicini di casa. Tutti possono e devono accudirli, sgridarli, aiutarli, proteggerli, farli crescere... La signora Dulce conferma: “Da noi, nelle Filippine, il rito del massaggio quotidiano al bambino è un momento molto importante, ma chiunque può farlo, non è prerogativa esclusiva della madre”. “Questi bambini non crescono separati dagli adulti, la loro vita scorre insieme con quella dei grandi”, interviene la Chinosi. “Noi pensiamo di proteggerli non contaminandoli con il mondo esterno, loro invece aiutandoli a raggiungerlo presto”.
Se la mancanza della famiglia d'origine, e della madre soprattutto, si fa sentire in maniera intensa, anche i rapporti con la nuova famiglia, nel caso di matrimoni misti, possono aumentare la sensazione d'inadeguatezza. “Quando sono rimasta incinta, mi sono trasferita dai miei suoceri: quattro donne e tre generazioni. Il contrasto culturale era fortissimo e io mi sono sempre sentita attaccata”, confessa Pilar, colombiana, che oggi, a distanza di 10 anni e dopo il divorzio dal marito italiano, si sente libera di sfogarsi. “Era un continuo ripetere 'Noi facciamo così', 'Non puoi fare colà', 'Qui si usa così'. Per lo svezzamento non potevo dargli il riso, dovevo dargli il Dieterba. Per un bel pezzo non ho potuto dargli i fagioli, e nemmeno la banana e la cipolla, neanche il pomodoro, e figuriamoci il miele… Da noi questi alimenti fanno parte della dieta fin da piccoli. Qui fa male tutto. Io, poi, ho sempre cercato di usare poche medicine: se Matteo aveva la tosse gli davo il miele con il limone, qui, invece giù con il Bisolvon; appena aveva un po' di febbre, vai di tachipirina. Ma Matteo diventava un ghiacciolo, e nessuna medicina che io conoscessi aveva effetti così drastici. Anche adesso, quando torniamo dalla Colombia, la prima cosa che fa sua nonna è pesarlo: è come se dicesse "chissà se ti sei presa cura di mio nipote…". È molto offensivo”.
I mille piccoli normali problemi di salute che costellano i primi anni di vita di un bambino generano immediatamente ansia e una neo mamma cerca conforto e risposte nel manuale di puericultura che tiene sul comodino, nel farmacista sotto casa, nella voce del pediatra al telefono, nella guardia medica. Di rado crede a quello che i suoi occhi sanno comunque vedere, di rado si affida a quello che le sembra quasi di sapere… Non solo, l'insicurezza è tale che abbiamo anche bisogno che misurino, quantifichino, certifichino il fatto che nostro figlio sta bene e quanto sta bene.
Per le mamme immigrate, invece, la soglia d'allarme è molto più alta: ricorrono al pronto soccorso solo quando è davvero necessario, in quel caso però vogliono un intervento più sollecito. Non basta la voce di un pediatra che dalla cornetta ripeta "tachipirina, tachipirina" a tranquillizzare una mamma cinese.
La capacità di ascoltare e di osservare della nostra medicina ha cominciato ad atrofizzarsi a metà dell'Ottocento, quando si pensava che lasciare un figlio nelle mani di sua madre, soprattutto se di classe poco agiata, significasse comprometterne la salute e il futuro, quando vennero istituiti negli asili nido delle fabbriche i premi per "il bambino più pulito". È il pegno che paghiamo a un progressivo abbassamento della mortalità infantile. Ora, a distanza di più di un secolo, queste donne arrivano e mettono in discussione tutto, ci ricordano come eravamo e aprono uno spiraglio per il futuro. Il confronto quotidiano con loro ha cominciato a cambiare il modo di lavorare di ostetriche, ginecologhe, psicologhe e pediatre, le stesse che curano e seguono le mamme italiane e che oggi cominciano a chiedere anche a queste ultime di cercare delle risposte autonome, di riscoprire le risorse che posseggono, di indagare la loro storia e di trovare dentro se stesse la madre competente che è in tutte noi.
L’ombelico del mondo
di Agnese Bertello
pubblicato su “Elle”, agosto 2003
http://www.intandem.it/doc/7.rtf
Esperimenti Far nascere un bambino in una cultura diversa, rispettando la propria: per aiutare le immigrate in questo difficile percorso, a Milano è nato un centro ad hoc
di Agnese Bertello
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foto Viarengo |
E
i messaggi fanno più presa. Si radicano in un esempio concreto e
vicino. "Mio marito pensava fosse colpa del malocchio se non rimanevo
incinta, così mi ha passato un uovo su tutto il corpo per farlo andare
via. Eravamo tristi, perché non immaginavamo chi potesse volerci così
male. Quando l'abbiamo saputo, non riuscivamo a crederci", racconta
Evelin. "Da noi la donna mette una bacinella con un infuso di erbe in
mezzo alle gambe, perché il piccolo ne senta il profumo e abbia più
voglia di uscire. Prima, però, l'ostetrica fa mettere il bambino nella
posizione giusta massaggiando la pancia", racconta Maria. "Quando sarà
il momento di partorire, ho paura di non accorgermene. Ho avuto il mio
primo figlio al mio Paese: ho lavorato fino all'ultimo minuto, e poi mi
hanno accompagnata di corsa all'ospedale. Ma qui non ho nessuno, e se
non me ne accorgo in tempo che faccio?", chiede ansiosa Elvia. "Io non
avevo timore che il mio primo bambino si spaventasse, perché lo
fasciavo, lo mettevo nell'amaca e al paese non c'era niente che potesse
rendere inquieto un neonato. Qui, invece, c'è un sacco di rumore, i
piccoli si spaventano di più", si preoccupa Teresa. "Però mi hanno detto
che qui non si fa; non si fasciano i bambini, cioè". Essere costrette a
rinunciare a tutto questo, a questa parte della propria storia
personale, del proprio vissuto specifico femminile, e bollare magari
come "poco scientifico" o "folcloristico" un'idea di sé, un modello di
maternità che è proprio del mondo cui si appartiene, può avere
conseguenze molto negative per la donna. E per il bambino. "Considero
questi incontri momenti di vera prevenzione, rispetto a future
difficoltà relazionali e psicologiche dei bambini", sostiene Sabina Dal
Verme. "Tutto il lavoro del Centro, e in particolare quello che facciamo
in questi corsi, mira proprio a far recuperare fiducia e sicurezza alle
mamme straniere". E continua: "L'obiettivo non è tanto insegnare come
si fa qui, far percepire il nostro modello come quello giusto. Al
contrario: il messaggio è che ci sono modi diversi di affrontare i
di-sturbi della gravidanza, il parto, il post parto, le rappresentazioni
della maternità; che ci sono diversi modi per accogliere e per accudire
un bambino, e che vanno tutti bene". In fatto di maternità, poi, spesso
queste donne ne sanno più delle italiane, che magari arrivano alla
prima gravidanza senza aver mai avuto occasione di accudire un
fratellino o un cuginetto, o di vedere una parente all'opera. Le
straniere, invece, custodiscono un sapere pratico, tradizionale,
importante, spesso non privo di verità e validità, per quanto
scetticamente lo si possa considerare. Perché possano serenamente
accettare il nostro modello, bisogna che prima qualcuno riconosca valore
alla loro identità culturale. Per questo, al corso parole come "giusto"
e "sbagliato" sono bandite. Lo sforzo dell'ostetrica e della mediatrice
è costantemente teso ad accogliere e ascoltare saperi, pratiche,
esigenze, dubbi e desideri, esplicitando e sottolineando ogni volta il
valore e il senso di quello che si sta raccontando. Tutto è legittimo.
Tutto ha una sua intrinseca ragione. "Emigrare è un po' come nascere.
Ognuno di noi è avvolto in un involucro culturale. Quando si arriva in
un Paese nuovo, l'inserirsi in una società radicalmente diversa rende
difficile conservare la propria identità profonda. Invece, mantenere
un'immagine positiva della propria storia e della propria cultura è
fondamentale, a maggior ragione quando si è in una condizione di
fragilità come quella della gravidanza, quando in gioco c'è la riuscita
della relazione tra la madre e il figlio". Le donne arabe, cui l'anno
scorso era stato destinato un corso analogo, si erano scelte perfino un
nome: le Faraone. E gli incontri erano veri e propri scambi
multiculturali: ninne nanne, ricette, tè, consigli estetici, massaggi
reciproci, discorsi sulla sessualità. Come se la cultura dell'hammam,
della chiacchiera intima e dell'accudimento reciproco si fosse
magicamente trasferita in questa stanzetta d'ospedale. "Organizziamo i
corsi in base alle culture, alle lingue e alla provenienza
essenzialmente per ragioni pratiche. È infatti impossibile avere due o
più mediatrici linguistiche a disposizione. Nell'approccio alla
maternità di queste donne, le differenze si sentono", aggiunge Dal
Verme. "Per esempio, con le egiziane è molto difficile fare un discorso
sul bambino immaginario, cosa che invece si fa comunemente con le
italiane e anche con le latinoamericane. Per loro sembra non abbia
senso, poi ho capito che è un modo di proteggere il bambino: prima che
nasca ne parlano poco, lo nascondono, la gravidanza non viene
sbandierata in giro come invece fanno le nostre connazionali, che
mostrano le ecografie a chiunque. Però parlano molto volentieri, e
liberamente, di disturbi o di sessualità, cosa che non mi aspettavo".
Sul materassone, adesso, sono distesi una decina di bambini paffuti e
pieni di capelli: siamo alla festa finale di benvenuto ai piccoli. Le
neo mamme ci sono tutte, e anche quelle che ancora devono partorire. Per
ricordare a questi figli che non vengono dal nulla, perché resti loro
il ricordo della strada fatta dalle genitrici, è stato donato a ciascuno
il quaderno su cui, nel corso degli incontri, sono state incollate
immagini simboliche: una cartina del mondo su cui la donna ha tracciato
il percorso per raggiungere l'Italia, cartoline del Paese d'origine,
fotografie di nonni e parenti, alcune parole italiane... Il resto della
storia, lo scriveranno loro.
La celebrazione dello "Aqiqa", o settimo giorno della nascita del bambino, è una festa che riveste un'importanza particolare nella vita sociale e familiare, i preparativi per accogliere il nuovo - nato variano d 'una regione all'altra.' Il battesimo o le celebrazioni del 7 giorno della nascita del bambino differiscono da una tribù all'altra, della montagna alla pianura, pur conservando il carattere d'evento eccezionale nell'ambito della famiglia attaccata alle sue abitudini e le sue tradizioni.

I preparativi per accogliere il neonato sono della competenza delle donne del villaggio che assistono la futura mamma, lontano dallo sguardo degli uomini e ciò, con la preparazione delle "sellu" a base di burro, olio, miele, farina tostata e la frutta secca tostata e macinata che serviranno dopo il parto da nutrire la futura mamma in convalescenza. Infatti, l'accoglienza del neonato testimonia la solidarietà e di una separazione dei ruoli tra uomo e donne. Se il matrimonio della ragazza o del ragazzo cambio dell'autorità paterna, l'accoglienza del neonato si svolge in un cerchio strettamente femminile. Il parto della donna è affidato ad una donna prudente, generalmente vecchia ed esperta, assistita da altre donne per permettere lo svolgimento del parto in buone condizioni. In occasione del parto, gli uomini sono tenuti distanti dalla casa dove si svolge l'evento, ma resta pronto a qualsiasi intervento. Immediatamente la nascita annunciata, si informano i parenti dell'arrivo del neonato. Il primo gesto dopo il parto, il neonato è accolto da un appello alla preghiera nel suo orecchio dalla saggia donna. A partire da questo momento, la casa del neonato diventa il punto di riunioni di tutte le donne del villaggio che offrono regali sotto forma di pasti preparati per la mamma a base di polli "beldi" (nostrano) e i regali per il piccolo. Durante i 7 giorni, la mamma è libera da qualsiasi lavoro domestico, è considerata come "principessa", circondata dai suoi parenti e di un tipo di "madrina", una seconda madre che si occupa del bambino.
Per la celebrazione del 7 giorno, "Issem" o "Sabaa", i parenti, i genitori della famiglia, e i vicini sono invitati alla cerimonia che comincia con le preghiere sul profeta da parte delle donne nel fratempo le uomini sacrificano un montone o un capretto che serve come cibo a tutti gli ospiti. Dopo questa cerimonia, la vera festa comincia con le donne che si dedicano ai bordi ed alle danze fino alle prime ore della mattina e nel corso di questi festeggiamenti, si annuncia ufficialmente il nome del neonato. Per quanto riguarda la scelta del nome del bambino, dipende dall'autorità del grande padre ed in caso d'assenza, ritorna al membro della famiglia più anziano d'età, a prescindere dal sesso.
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FLETPALOSJA INFORMUESE PER
ANALGJEZINE PERIDURALE GJATE AKTIVITETIT TE LINDJES
Hyrja
Pjesa me e madhe e grave e perballojne mire dhembjen e aktivitetit te
lindjes.per disa te tjera, dhembja mund te behet pengese per lindjen, duke e
dobesuar gruan si fizikisht ashtu dhe emocionalisht.Koncepti i dhembjes shkon
pertej perberesit organik, duke perfshire te gjithe ankthin, friken per
shtatzanine qe mund te shfaqet ne momentin e lindjes dhe te ndikoj keq ne te. Perdorimi
i metodave per lehtesimin e dhembjes
gjate aktivitetit te lindjes duhet te
“shoqeroj gruan ne kete moment te vecante te jetes, e jo te nderhyj per ta bere
me pak humane kete eksperience.
Analgjezia (lehtesimi ose heqja e dhembjes)
nenkupton te kontrolloj dhembjen ne
menyre efikase, pa nderhyre ne natyraliletin e lindjes spontane dhe te garantoj
efikasitet e siguri per gruan dhe femijen.
Ne spitalin tone sherbimi i analgjezise gjate
lindjes eshte i garantuar 24 ore ne 24, ne dallim nga shume situata te tjera
reale ne Itali.
Teknikat e lehtesimit te dhembjes gjate lindjes
Nel pratiken klinike teknikat e perdorura
aktualisht jane:
-
Kateteri
peridural
-
Analgjezia
spinale
-
Analgjezia
spino-peridurale (CSE)
Zgjedhja eteknikes qe do perdoret eshte ne varesi
nag anestezisti ne sherbim, ne varesi te fazes se lindjes dhe te vizites qe
behet nga obstetri qe eshte prezent ne sallen e lindjes.
Gjate seciles manover qe perdoret duhet bashkpunimi
i gruas qe po lind, qe duhet te pozicionohet ne krevat sipas udhezimeve te
anestezistit.
Kateteri
peridural
Palca kurrizore nga e cila origjinojne te gjithe
nervat mbrohet nga unazat e kolones.Ajo eshte e rrethuar nga disa nderfutje qe
quhen meningje, te cilet krijojne disa
hapsira misis tyre.
Hapsira peridurale eshte hapsira me e jashtme dhe
me larg palces kurrizore.
Anestezisti gjen hapsiren qe duhet ne shtyllen
kurrizore ne zonen lumbare (te barkut), ben nje anestezi te vogel ne lekure, dhe nepermjet nje ageje te posacme
dhe fut keteterin e holle peridural qe sherben per te injektuar medikamente analgjezike qe heqin dhembjen gjate
kontraksioneve.Medikamenti vepron per 15- 20 minuta dhe ka nje efekt
maksimal 2 ore.Nqs eshte e nevojshme medikamenti mund te perseritet.
Momenti me i mire per te vendosur kateterin eshte
fillimi i lindjes, kur kontraksionet jane me te lehta dhe me te rralla, kur
bashkepunimi i gruas eshte me i mire.Por nuk perjashtohen raste kur kateteri
mund te vendoset ne stade te mevonshme te lindjes.
Analgjezia
spinale
Pasi kalon hapsiren peridurale ndodhet hapsira
subaraknoidale, ku eshte e mundur te injektohen medikamente ne doza te ndryshme
me metoden e siper permendur pa perdorimin e nje kateteri. Kjo teknike
realizohet ne nje faze me te vonshme te aktivitetit te lindjes dhe efektet e
medikamenteve jane te menjehershme.
Analgjezia spino-peridurale
Teknikaq perdoret me teper ne fillim te aktivitetit
te lindjes dhe qe ka te beje me administrimin e medikamenteve ne nivel te
palces, e pasuar nga vendosja e kateterit peridural.Avantazhi e kesaj teknike
eshte shfrytezimi i aneve pozitive te te dyja teknikave te pershkruara me
siper.
Kur indikohet?
Disa situata specifike obstetrike per te favorizuar
zbritjen e fetusit e per manovra te nxjerrjes
se tij;semundje te zemres; semundje respiratore;hepatike etj te gruas.
Per me teper ne rastet e secsio cesareo
(operacionit cezarian) eshte e mundur te krijohen shpejt kushtet per nderhyrjen kirurgjikale, duke lejuar qe
gruaja te jete zgjuar dhe e vetedijshme gjate lindjes.
Nderlikime
Analgjezia
gjate aktivitetit te lindjes eshte nje teknike e sigurte nese realizohet
ne menyre korrekte, por si te gjitha teknikat mund te kete nderlikimet e saj:
-
Ulja
e tensionit : jepen likide intra vene
-
Kruajtje
e lehte
- Reaksione
nga anestetiket: eshte e rendesishme te tregosh raste te ndodhura me pare.
-
Injektimi
ne vaze me marrje mendsh,me mpirje.Nqs jane te pranishme nevojitet te hiqet
kakteteri peridural dhe duhet ripozicionohet nqs deshirohet te vazhdohet metoda
per lehtesimin e dhembjes.
- Dhembje
e vazhdueshme ne disa zona me ose pa lehtesim te saj.
- parestezi
(goditje te lehta elektrike )
- dhembje
shpine; mund te mbetet per nje dite ose pak me teper ne vendin ku futet agia,
por eshte verejtursedhe grate qe nuk i jane nenshtruar analgjezise kane
shfaqur te njejtat shenja.
- Dhembje
koke: < 1% nga shpimi aksidental i
sakusit qe mban likuorin truno-shpinor, qe
rrjedh dhe shkakton dhembje koke.Kjo dhembje shfaqet gjate qendrimit dhe
perhapet ne qafe, lehtesohet pas 4- 5
dite me regjim shtrati, duke konsumuar
lengje, kafe dhe duke perdorur anti inflamator.Rralle perdoren trajtime te
tjera.
-
Demtime neurolegjike, hematoma peridurale ose
spinale, infeksionet jane te rralla.
EFEKTE
KOLATERALE e KOMPLIKAZIONE TE MUNDSHME , FREKUENCA
|
FREKUENCA
|
Hypotension
(presioni arterial i ulet)
|
10-40/100
|
Dhembje
shpine (lumbalgjia) disa ditore
|
13/100
|
Rritje
temperatures tranzitore > 38°C
|
7-36/100
|
Te
vjella, nauze tranzitore
|
5/100
|
Kontroll i pamjaftueshem e jo i pershtatshem i
dhembjes
|
1-3/100
|
Dhembja e kokes pas shpimit te dures
|
0,2-3/100
|
Demtime
neurologjike periferike tranzitorie
|
1/5.000
|
Perthithja
e shpejt e anestetikeve lokal qe mund te japin konvulsione, koma
|
0,06/10.000
|
Anestezia
spinale totale edhe/ose Arrest respirator ose kardiak (kerkon trajtim
reanimator urgjent)
|
0,06/10.000
|
Infeksione (meningjite) dhe abses peridural/spinal
qe mund te kerkojne trajtim kirurgjik
|
1/145.000
|
Cope
gjaku e mpiksur (hematoma) qe shtyp palcen qe mund te kerkoj trajtim
kirurgjik.
|
1/180.000
|
Demtime
te nervave periferik te perhershme
|
1/250.000
|
Duam te theksojme se nga te gjitha nderlikimet qe
mund te ndodhin, kemi verejtur vetem disa raste te dhembjes se kokes.
Jemi te sigurte qe ju kemi servirur te gjitha
informacionet e dobishme per nje vleresim te plote te teknikes se lehtesimit te
dhembjes gjate aktivitetit te lindjes, duke qene ne gadishmeri per t’ju sqaruar
dhe ndihmuar per te zgjedhur cfare eshte me e mira per ju.
Besojme, qe dhembja gjate aktivitetit te lindjes
duhet vleresuar ne teresine e saj, por
jemi te bindur qe shpesh lehtesimi i dhembjes fizike perben nje faktor me nje
vlere te madhe humane, qe i lejon gruas te perjetoj sa me shume eksperiencen e
lindjes se femijes se saj.
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